Recensione romanzo di Tiziana Scrivo - 'Dalila, l'eroina di Glauco. Una storia di dipendenza, non solo da sostanze'









Dalila, colei che 'sradica'. Glauco, colore verde azzurro. 


Voglio iniziare in questo modo la recensione del libro che Tiziana Scrivo mi ha gentilmente donato e non smetterò mai di ringraziare per avermi fatto entrare in un mondo totalmente paralizzante ma che esterna quel dolore che è la chiave di tutto. Quella chiave che apre la porta alla libertà... alla risoluzione di tutti i problemi, di quella resilienza che per fortuna esiste, c'è e non è mai macabra. 

Dalila è davvero dall'inizio alla fine l'eroina di Glauco, sia statua che donna. 
Dalila forte, Dalila che piange anche per Lucio. 

Ma andiamo con lentezza... andiamo con ordine. 


Dalila lavora in una casa editrice, ma non riesce a concentrarsi, non è più vita da quando Glauco con il contributo di suo fratello Sebastiano è finito nel circolo vizioso della droga, dell'eroina. 

In realtà era da anni che Glauco, quel verde e quel celeste di prati e di fiumi, si faceva, si bucava, ma ha toccato il limite e il romanzo piuttosto intimo inizia come se già fosse la trama di un sogno-incubo. 

E' una storia che tocca tutti, perché chiunque potrebbe finire col rovinarsi la vita come ha fatto il protagonista maschile del libro di Tiziana, un romanzo di 178 pagine davvero bellissimo, ma non tanto bello quanto INCANTEVOLE. 

Colei che 'sradica' il male dal cuore, dalla mente, dalle braccia indolenzite di quell'azzurro-verde che tutto tocca, prosa e poesia d'incanto che a volte tace leggermente e spesso parla in modo logorroico, a raffica, come sa fare anche il vento, anzi sopratutto uno come lui. 


E perdere conoscenza, tentare un suicidio che fa venire i brividi, lo stress emotivo, il dolore all'animo, agli animi corrotti, corrosi dal'acido, dal limone che non si tocca, non dovrebbe essere messo tra le mani di un tossicodipendente. 

E cercare quell'ultima dose, l'ultima 'lo giuro'. 

Lo giurerebbe il Glauco verde-chiaro. E Dalila stavolta non 'sradica' ma 'danneggia' è quasi 'deleteria' nel suo contorcersi, nel gesticolare le mani in fretta, lei che è abituata ad usarle quelle mani per scrivere. 

E' tutto un concentrare lo stremo delle forze con qualcosa di atipico, con un amore che dà speranza ma anche assuefazione. Un amore che non sembra poi tanto amore, ma ossessione. 

E' forse così che nascono le storie, o ci si assolve senza solitudine. 

E' forse moltiplicando la debolezza e la voglia di non farcela che poi la resilienza prende il sopravvento quasi senza rendersene nemmeno conto. 

E' forse il ripetersi dei vocaboli che rende tutto poesia e tutto bocca, tutto pietà, tutto pena, tutto fiore di Sardegna. 

Ma anche mare, quel profumo di salsedine che ancora l'amore alle spalle della morte che è stata appena superata, che non c'è più. 


Quel verde-chiaro che si fa aiutare dalla sua eroina, che poi sorride, e sorride ancora. 


Il romanzo mi è piaciuto molto in tutte le sue forme, lo stile è fluido, coinvolgente, scorrevole la lettura e scorrevole il tipo di linguaggio semplice utilizzato seppur si tratti di prosa come ho detto all'inizio a mio avviso poetica. 

Non c'è nemmeno un refuso, non vi sono debacle di stile e questo non mi sorprende visto che anche la lettura precedente, ovvero il primo romanzo dell'autrice INES E ANITA, era sensazionale e privo di errori di qualsiasi genere. 

La padronanza della lingua italiana è ottima, anzi direi più che eccellente, e il romanticismo tenebroso, quasi 'mistico' drammatico' 'da scena tragico-greca, si rivolge ad un pubblico adulto, ma non ci sono scene violente, anzi vi è una melodia dolcissima nonostante il forte dolore e la commozione che ho sentito dalle parole dei protagonisti. 

Ho provato a immaginare Dalila come una gigantessa, e ci sono riuscita. L'ho vista nel suo ateismo, che sembra contrapporsi alla Dalila della Bibbia religiosa. Ma non un ateismo blasfemo o contrario a Dio, no, un ateismo concentrato sulla perfezione dell'anima, che cerca un Dio buono, che cerca di affrontare le situazioni più macabre e disparate con attitudine verso ciò che è perfetto, mai ciò che è falso o malato. E Glauco lo immagino come uno 'straccio' di uomo che  a stento si tiene in piedi, sempre a letto, come un 'malato immaginario' di Moliére, ma che si erge con la gigantessa e talvolta diviene gigante anche lui. 

Una storia anarchica, senza pregiudizi, leggermente e giustamente contorta, ma che nella sua bellezza traccia il solco che diventa lealtà, vita, nostalgia, morte e risurrezione. E che si sporge nei confini di un'altra alba, di un'aurora diversa, di una terra incantata. 

Questa storia sembra fatta apposta per chi ha creduto di non potercela fare, per tutti coloro che credono di non vedere mai il bicchiere mezzo pieno nelle situazioni più disagiate e disastrose e per coloro che si sentono empatici, che accarezzano non solo la vita, la verità, la fragile ammissione di colpa, ma sopratutto le braccia stanche di chi ha ceduto ma poi si è rialzato, affinché la vita scorresse nelle vene al posto della droga. 

Consiglio a tutti di leggere questa storia, perché al di là di ogni morte, voi tutti sappiate che c'è sempre la vita, ed è un qualcosa di eterno.


VOTO DEL ROMANZO IN STELLE:   5  


Auguro all'autrice, che considero ormai una mia cara amica, tanto successo e tutto ciò che di bello desidera dalla vita! 

Ti meriti il meglio, sempre. 

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