Recensione

Ringrazio la casa editrice Catartica edizioni per avermi fornito della copia digitale del libro per la recensione. RECENSIONE: Un aspetto della vita che spesso non possiamo controllare e che a volte ci sfugge di mano è il tempo, ma anche, e forse prima di questo, la morte. Quando tutto diventa un meccanismo atroce, di meschinità onirica, c'è ancora il tempo per trovare la giusta espressione o ispirazione? Oppure dobbiamo prendere le sembianze di qualcosa che assomigli ad una tigre o ad un cane latrante per difenderci dalla vita stessa? Harpo Vool intanto dorme ma tutti si chiedono, e sopratutto il Delegato Carl e Rebecca se sia stato lui ad uccidere la donna con un tagliacarte. Non è semplice mischiare il mondo onirico e la realtà dei fatti, in uno spettacolo che è sia goliardico che macabro. Un po' come una danza macabra noi stiamo aspettando che cali l'ultimo sipario dell'ultimo spettacolo tra ballerine di danze e coreografie mai viste prima da Rebecca, proprio lei che è ballerina a sua volta. L'autore, Vincenzo Zonno, ci regala un impressum colorato di grigio ma con le sfumature verdi della mente, sobbalzando gli stereotipi delle leggi monocromatiche. In un romanzo suburbano quasi ampliamente distopico e orientale in parte, il totalitarismo e il richiamo a quel contesto uomo- macchina è evidente. Così come è evidente il marchingegno che precede la lotta tra natura cosmica e natura isolata dallo scorrere delle stagioni. Un romanzo questo quasi Dickensiano a mio parere, che riscatta il dolore di una perdita di valori e di costumi, che si ciba di una città rarefatta e quasi costruita sotto il potere di qualcuno che vuole essere un superuomo. Dio sembra non esistere, o perlomeno se esiste è dall'altra parte della barricata e non sta di certo vegliando sui protagonisti. La distopia dell'essere, il flusso di incoscienza e la percezione di irrealtà che vanno a braccetto con l'idea di odio e indifferenza, di rigidità del sistema che vuole l'essere uguale senza emozioni. E dall'altro lato una natura un po' normale ma selvaggia, quasi matrigna come direbbe Leopardi. Gli uccelli, il dono fatto da qualcuno che sta al di sopra di noi ma che non viene nominato se non come traguardo, come se la vita fosse un gioco meccanico a più livelli, la spensieratezza che viene appena accennata e sembra una colpa. E poi un tatuaggio durante la notte, misterioso fino alla fine. Un tatuaggio che non richiama la vita ma la morte. Una lapide. Una lapide con il proprio nome inciso sopra. Cosa vorrà mai dire? Esiste davvero la vita dopo la morte oppure siamo burattini in cerca del niente? Un libro che si legge in tre giorni al massimo ma con la giusta profondità d'animo. Un romanzo che consiglio a tutti ma che non è per tutti perché è molto complesso e ingannevole. Ingannevole come un tatuaggio nel cuore della notte. Lo stile è ottimo, la sintassi corretta e il linguaggio semplice nonostante ci siano dei pezzi che ho riletto più volte per essere sicura di star capendo bene ogni piccolo passaggio, perché mi incuriosiva moltissimo ad ogni pagina che sfogliavo. Mi ha ricordato i libri di Isaac Asimov e anche 1984 di George Orwell ma credo che questo sia assolutamente soggettivo. Da lettrice ho notato dei refusi vari ma non gravi per fortuna perciò si vede che lo scrittore ha una buona padronanza della lingua italiana! Anzi, ottima direi. Ha concepito un libro strano, inusuale, che verte verso la sommossa interiore ed esteriore ma con delicatezza d'opinione e stile. Per concludere, faccio i complimenti all'autore e do 4 stelline e mezzo
al libro. Avrei messo 5 ma per motivi di refusi e alcuni errori tolgo mezzo punteggio.

Commenti