Recensione Avvoltoi di New York



Recensione romanzo di Andrea Pozzetto:

Ringrazio innanzitutto lo scrittore per avermi fornito dell'edizione digitale dell'opera.


Losko è un tipo davvero poco raccomandabile, davvero losco in tutti i sensi, così come il suo amico con origini egiziane chiamato il Faraone. 
Tossicodipendenti, malavitosi con il pallino del sesso sfrenato e anche sporco di qualsiasi nefandezza, girovagano per l'America standosene però al contempo ben  nascosti, lontani dai poliziotti. 
Il fumo, la droga, le sevizie e le belle donne prostitute e che sempre si concedono con facilità saranno lo sfondo di questo romanzo che definirei trash/soft porno ma di serie A. È da consigliare ai soli adulti per il linguaggio esplicito e per i temi violenti trattati ma è davvero ben scritto. L'autore ci fa precipitare in un incubo d'eroinomani accaniti, e al contempo estrae il bene dal male, come farebbe Baudelaire... e infatti in un contesto strano e inusuale, atipico, troviamo la violenza carnale e psicologica a livelli quasi estremi ma che si ripete in circolo, in modo quasi infernale e ribelle. Una storia che lascia davvero il segno e sembra quasi alla fine un sogno. 
Losko si crede quasi insuperabile, pensa di essere invincibile e inarrestabile ma non è così ovviamente! 
E il Faraone? Che ne sarà di lui? 
Lo scrittore ci invita ad andare oltre i preconcetti imposti dalla società e in un plot  dalla tecnica quasi Pasoliniana ci riconduce alla dura infanzia, alla sporcizia dell'essere umano.  La crudeltà che in questo caso è Uomo e non femmina. 
Non ci sono mezzi termini, non ci sono creature fini o dolci. 
Anche le donne si prendono la loro vendetta, ma non riescono a trarre davvero beneficio dalla loro condizione. Un conato di vomito ed ecco che si rigetta a terra la propria dignità, la vita spezzata in due, il rantolo che fuoriesce da un corpo straziato dal sesso violento e atroce quasi animalesco. 
Non c'è  pace per i vivi sembra voler dire l'autore, che sodomizza il dolore con il tema forte della droga. 
Un ago in vena forse, per Losko potrebbe significare tutto e niente, ma almeno gli permette un viaggio al di là di ogni ipotesi concreta. 
Vengono usati termini non convenzionali che ho trovato molto, molto affascinanti e mi ha stupito il coraggio dell'autore di affrontare temi che ho già citato, con arguzia e tenacia, rappresentando un mondo che non appartiene più a nessuno, perché tutti sembrano come Losko. 
Lui appartiene a se stesso, al suo microcosmo fatto di niente e quando si innamora fallisce. 
Perché uno che si crede invincibile forse alla fine non è altro che un perdente. 
O no? 

E invece il libro non è per niente scarso come già detto e mi ha incuriosito molto. Ammetto che le scene possono essere disturbanti per tante persone ma ovviamente un libro non ha mai ucciso nessuno. 

Non ho trovato refusi a parte due o tre errori su 120 pagine perciò il libro è praticamente perfetto. 

Il nodo che perfeziona le vite di Losko e Il Faraone sono tutte le donne con cui hanno avuto a che fare e che molto probabilmente avrebbero dovuto trattare con meno violenza, perché specialmente il Faraone sembra un misogino. 
Tutta la violenza genera violenza, in un ciclo senza fine chiamato dipendenza e crollo emotivo. 
Avvoltoi, che aspettano di trafugare e trangugiare, rubando carne e anima dei corpi e forse anche della città.  

Infine, assegno al romanzo 4.5 stelline. 

Recensione a cura di Roberta Canu. 

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